Immigrati tra percezione e realtà

Immigrati tra percezione e realtà

Quanti sono gli immigrati in Italia? Gli italiani parlano volentieri di immigrati, ma non ne conoscono il numero e pensano che siano molti di più di quanti sono in realtà. Questo è il risultato di una ricerca condotta del sociologo e professore torinese Massimo Introvigne. 

La ricerca – spiega Introvigne – testa la nozione di ‘immigrazione percepita’. Come c’è una temperatura reale e una percepita, così c’è un’immigrazione reale e una che ci costruiamo nell’immaginario sociale. L’indagine condotta su un campione rappresentativo in Piemonte mostra che più della metà degli intervistati pensa che gli immigrati nella regione siano più del 20%, esattamente il doppio di quanti sono in realtà, 10%. Più interessante ancora è che oltre l’80% degli intervistati pensa che in Italia la maggioranza degli immigrati sia di religione musulmana, mentre in realtà gli immigrati musulmani sono il 32% contro un 54% di cristiani. “L’immigrazione percepita ha importanti conseguenze sociali e politiche – prosegue Introvigne – ed è alimentata da un massiccio fenomeno di fake news che forniscono informazioni errate sugli immigrati“. “Non solo – conclude Introvigne – le fake news demonizzano anche altre categorie e creano un percepito pericoloso e intollerante. Vale per le cosiddette ‘sette’, cioè i nuovi movimenti religiosi che sono centinaia: solo una decina sono stati accusati di commettere reati. E in certi Paesi vale per le religioni considerate ‘straniere’, di cui si lascia credere o si immagina che complottino contro l’integrità della nazione“. Introvigne cita l’esempio della Russia, che si appresta a mettere al bando nei prossimi giorni i Testimoni di Geova, e una testimonianza dell’avvocato ucraino Olga Panchenko ha mostrato come nel suo Paese si etichettino come “sette” gruppi minoritari che talora non sono neppure religiosi. Su questi temi abbiamo posto alcune domande a Massimo Introvigne

Prof.  Introvigne, lei sostiene che c’è una immigrazione percepita e una reale. Come avete rilevato questa differenza?
 Non siamo i primi a rilevare che gli europei pensano che gli immigrati siano di più di quanti sono in realtà. Ci sono ricerche in zone della Francia, della Germania e della Gran Bretagna. Abbiamo importato la stessa metodologia in Italia.

Lei accusa le cosiddette fake news , ma il fatto che ci sia questa differenza fra il percepito e il reale può anche essere dovuto al fatto che nelle grandi città ci sono quartieri dove si concentra in modo particolare la presenza immigrata e dove quindi è molto alta? A Torino, ad esempio,  ci sono classi elementari dove i bambini stranieri sono la maggioranza.
Certamente c’è una concentrazione di immigrati nelle città – per esempio, a Torino sono il 15% contro la media del 10% in Piemonte – ma, se i campioni sono costruiti bene, le interviste non sono fatte solo nelle grandi metropoli. E la sovrastima risulta costante, non solo in Italia ma anche nelle ricerche condotte all’estero.

Parliamo della presenza musulmana. Perché la gente la sovrastima?
A mio avviso quella che sorprende è l’invisibilità dell’immigrazione cristiana. Eppure per esempio a Torino gli immigrati peruviani, cattolici, sfilano ogni anno in una processione con migliaia di persone su cui il CESNUR due anni fa ha anche organizzato un seminario di studi. Eppure ci sono parrocchie rivitalizzate, anche nei numeri, dalla presenza di immigrati cattolici africani, filippini, cingalesi o latino-americani. Eppure a Torino ci sono tante congregazioni protestanti africane o latino-americane. Pure la presenza dei cristiani ortodossi, che una volta in Piemonte era minima, oggi conta decine di migliaia di fedeli, soprattutto romeni. Ma gli immigrati cristiani non si vedono, benché i numeri totali siano più alti di quelli dei musulmani. È che il discorso giornalistico e politico sull’immigrazione si concentra sui musulmani…

Le sette come le definirebbe,  e quelle che si possono definire tali  sono effettivamente un pericolo?
La parola “setta” è molto ambigua. Molti al convegno alla Camera dei Deputati a Roma, dove abbiamo presentato la ricerca,  hanno denunciato che è applicata a qualunque realtà che ci appare straniera o non familiare. In Italia ci sono diverse centinaia di movimenti religiosi cui è stata applicata, dalla stampa o dai loro critici, l’etichetta “sette”. Una decina di questi si sono in effetti resi responsabili di reati, talora gravi. Ma la stigmatizzazione fa di ogni erba un fascio e assume, erroneamente, che qualunque gruppi etichettato da qualcuno in modo più o meno arbitrario come “setta” sia un gruppo criminale.

(P. G.)

Per saperne di più: www.cesnur.org

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