DNA, la nuova frontiera del Marketing

DNA, la nuova frontiera del Marketing

Nella puntata di lunedì 30 ottobre 2017 di Report su Rai 3, un servizio realizzato da Giorgio Mottola ha messo in luce come le multinazionali del web si interessino sempre di più alla genetica, ed in particolare alle modalità con cui, in futuro, si potrà utilizzare il complesso patrimonio contenuto nel DNA con banche dati sempre più estese.

Ma di cosa stiamo parlando?
Il DNA (dall’inglese DeoxyriboNucleic Acid, Acido Desossiribonucleico in italiano) è un acido nucleico che contiene le informazioni genetiche necessarie alla biosintesi di RNA e proteine, molecole indispensabili per lo sviluppo ed il corretto funzionamento della maggior parte degli organismi viventi. Ogni filamento di DNA è costituito da un modello di ripetizione di cinque basi chimiche: adenina (A), citosina (C), guanina (G), timina (T) e uracile (U). Si tratta quindi di un enorme pacchetto di molecole che costituisce il manuale per assemblare le cellule degli organismi viventi.
Il Progetto genoma umano (HGP, acronimo di Human Genome Project) è stato un progetto di ricerca scientifica internazionale il cui obiettivo principale era quello di determinare la sequenza delle coppie di basi azotate che formano il DNA e di identificare e mappare i geni del genoma umano (previsti circa centomila, trovati circa 20-25000) dal punto di vista sia fisico sia funzionale. Il genoma un singolo individuo (tranne quello dei gemelli monozigoti e degli organismi clonati) è unico; mappare quindi il genoma umano significa fare il sequenziamento delle variazioni multiple di ciascun gene. Il progetto è stato completato il 24 giugno 2003 dal Genome Bioinformatics Group della UCSC. Sappiamo quindi oggi che il genoma umano è lungo circa 3200Mb.
Dalla mappatura del DNA di un individuo possono essere ricavate informazioni precise sulla sua genealogia, sulla sua predisposizione verso molte malattie, e persino su preferenze ambientali, alimentari, personali. C’è quindi un fenomeno scientifico che sta per cambiare non solo le pratiche mediche, ma anche il nostro linguaggio. Se fino a ieri, infatti, per indicare una massa imponente di dati si usava il termine “astronomica”, nei prossimi anni sarà più corretto dire “genomica”. La ragione? Entro il 2025 almeno un miliardo di persone nel mondo avrà il suo Dna sequenziato a caccia di mutazioni che aumentano il rischio delle più svariate malattie. Lo hanno calcolato gli esperti della University of Illinois Urbana-Champaign e del Cold Spring Harbor Laboratory di New York. Cosa significa? Ci sarà una massa enorme di dati da governare e per non perdersi in questo mare di informazioni è necessario trovare un sistema di controllo, archiviazione e ricerca estremamente efficace ed applicarlo al genoma. Se al tasso attuale la quantità di dati genomici prodotta raddoppia ogni sette mesi, entro il 2025 si produrranno tra 2 e 40 exabytes all’anno, con un exabyte (che equivale ad un miliardo di Gigabyte o mille miliardi di Megabyte…).
La genetica sta rivoluzionando la medicina come nessun’altra disciplina ha mai fatto ma il prezzo da pagare è alto. Chi vuole sapere se quando sarà vecchio rischia più degli altri di avere l’Alzheimer, una malattia oggi incurabile? E quale medico ha intenzione di comunicarglielo? Si dice che “l’informazione è potere”, ma in certi casi può diventare angoscia, stress, anche spreco di soldi, buttati per inseguire una prevenzione a volte e comunque per ora impossibile. Ma non si può dire cosa ci riserva il futuro.
I test genetici possono oggi essere divisi in tre tipi. Ci sono quelli diagnostici, che partono da un sospetto e servono a capire se una persona ha una certa patologia o è solo portatrice. Si usano per la fibrosi cistica e la trombofilia, per individuare le anomalie cromosomiche nella diagnosi prenatale. Poi ci sono quelli pre-clinici, che riguardano un numero (ancora piuttosto ristretto) di malattie per cui si può dire con certezza che colpiranno una persona entro un numero di anni definito. Infine, ci sono quelli di suscettibilità o predittivi, per calcolare attraverso le analisi delle mutazioni di uno o più geni la probabilità che un problema si sviluppi in futuro.
Assumi un ruolo più attivo nella gestione della tua salute”: usa questa frase il sito 23andMe per invitare i clienti a richiedere il kit (costo super scontato 99 dollari) per prelevare da soli con un tampone un po’ di saliva da spedire ai laboratori della compagnia, fondata nel 2006, la cui Ceo è Anne Wojcicki. Si tratta della moglie del co-fondatore di Google, Sergey Brin, che grazie ai test ha scoperto di avere l’80% di rischio di sviluppare il Parkinson. “Credo che arriveremo a un punto in cui a tutti sarà fatto il genotipo completo dalla nascita“, ha detto Anne Wojcicki. Non è l’unica a immaginare un mondo in cui la sequenza del nostro Dna sarà contenuta in un chip, sempre a disposizione dentro il portafoglio. Intanto cresce a ritmo forzato il numero di corrieri che anche dall’Italia partono verso i laboratori di 23andMe e di altre multinazionali, facilmente individuab ili in Rete, con campioni da analizzare. I risultati arrivano nel giro di un paio settimane, sullo schermo del computer.

Il Marketing Genetico è il futuro che ci aspetta.
La liberatoria di 23andme che si trova allegata al kit per prelevare il campione della propria saliva da inviare ai loro laboratori è lunga diverse pagine e non è facile capire subito cosa l’azienda farà del DNA che stiamo per inviargli. Di fatto, una attenta lettura ci rivela che oltre a fornirci risultati delle analisi, l’azienda potrà mantenere tali risultati per accrescere il proprio database di mappature del DNA (che noi abbiamo quindi pagato per sviluppare) che potranno condividere con partner in modo più o meno anonimo.
Facile quindi comprendere come il vero business dell’azienda non sia tanto la vendita del servizio genetico individuale: raccogliendo informazioni sul Dna di molte centinaia di migliaia di individui, i database delle aziende DTC (acronimo di Direct To Consumer utilizzato per le aziende che propongono e gestiscono test genetici senza intermediazione di un medico) inevitabilmente suscitano l’attenzione delle grandi case farmaceutiche, interessate alla varietà genetica non tanto e non solo dei singoli ma anche della popolazione per lo sviluppo di farmaci specifici. Di fatto, 23andMe ha già firmato un accordo di 60 milioni di dollari con la Genentech, una delle principali aziende biotec della California, per concedere a quest’ultima di accedere alle informazioni genetiche dei propri clienti.
Il Marketing Genetico non è quindi solo una azione che ha come destinatario gli individui, ma anche i gruppi di individui che condividono determinate caratteristiche. Ovvero, se come casa farmaceutica non posso avere per ragioni di riservatezza i nominativi/indirizzi di tutti i predisposti al Parkinson presenti in una base dati estesa, sapere che in Italia vi sono 1.000 piuttosto che 10.000 piuttosto che 100.000 soggetti predisposti può farmi adottare strategie che prevedano l’intensificazione della ricerca, la proposta in Italia di medicinali specifici e la diffusione della notizia che, appunto, una determinata quantità di individui in Italia è predisposta. E non parliamo solo del campo medico. Cibi e sapori diversi in base al profilo genetico, pubblicità profilate in base al dna di popolazioni residenti in aree specifiche (se c’è rischio del colesterolo alto, niente zuccheri ..). Molte grandi aziende stanno già pensando o sviluppando strategie di Marketing basate sulla mappatura del DNA della popolazione o di singoli individui.
Vicino a Cuneo, Hekaté produce creme personalizzate in base al DNA: profumi e creme con effetti diverse a seconda della genetica. A Zurigo invece ti trovano l’anima gemella in base al DNA: siamo attratti da persone con cui c’è compatibilità genetica. Illumina, un gigante della genetica, ha creato una società che consiglia vini o altri prodotti…
La strada verso la creazione di una banca dati mondiale del Dna potrebbe diventare un affare anche per chi investe. Sul mercato esistono fondi specializzati in biotecnologie che mettono insieme sia l’investimento in titoli biomedicali, sia in nuove tecnologie applicate alla cura della salute. C’è da considerare che se per il primo genoma del 2001 ci sono voluti dieci anni e 3 miliardi di dollari, ancora nel 2007 servivano 10 mila dollari, mentre ora la cifra è ridotta a un decimo, ed i costi per un singolo sequenziamento scendono ancora. Eseguire un test e una mappatura del Dna potrebbe avere presto un costo irrisorio: è questo l’obiettivo di una nuova tecnologia di chip per analisi genetiche prodotti usando tradizionali stampanti a getto d’inchiostro. A mettere a punto il dispositivo low-cost sono stati i ricercatori guidati da Ron Davis, direttore del Centro di tecnologia genomica di Stanford, il cui lavoro e’ stato pubblicato sulla rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti (Pnas). Queste tecnologie possono rendendere i costi per le aziende che si occupano di mappatura del DNA decisamente contenuti rispetto al valore del dato (e soprattutto della massa di dati) per la sua rivendita.

E. P.

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