Plastica riciclabile e biodegradabile

La dispersione e l’accumulo nell’ambiente di prodotti plastici è oggi certamente uno dei problemi emergenti. I danni causati all’habitat di fauna e flora selvatica così come all’habitat antropizzato sono evidenti: dalle gigantesche isole galleggianti di frammenti plastici nel centro degli oceani, alle tonnellate di scarti di contenitori e utensili usa e getta abbandonati ovunque.

Alcune tra le più grandi e conosciute aziende del mondo sono oggi i maggiori responsabili dell’inquinamento da plastica: Coca-Cola, Colgate-Palmolive, Danone, Mars Incorporated, Mondelēz International, Nestlé, PepsiCo, Perfetti Van Melle, Procter and Gamble e Unilever sono stati indicati nel rapporto annuale dell’organizzazione internazionale Break Free From Plastic. Solo le bottigliette di CocaCola sono responsabili di una quantità di rifiuti plastici stimata in 2,9 milioni di tonnellate all’anno, seguite da PepsiCo (2,3 milioni di tonnellate) e dalle confezioni della Nestlé (1,7 milioni di tonnellate).

Siamo di fronte ad un prodotto che impiega centinaia di anni a degradarsi in natura, ma che frammentandosi e polverizzandosi in microplastiche entra nella catena alimentare di molte specie animali e di conseguenza risulta presente anche in prodotti per alimentazione umana. I tentativi di trovare sistemi di gestione e smaltimento dei rifiuti plastici prodotti dall’uomo si scontrano con l’impossibilità di affrontare e risolvere un impatto inquinante costituito da decine di milioni e milioni di tonnellate di prodotto. La soluzione ovviamente, è quella di riuscire a trovare qualcosa che abbia le caratteristiche della plastica ma sia riciclabile e biodegradabile.

Gli sforzi per passare dalla plastica petrolchimica alla plastica rinnovabile e biodegradabile si sono però rivelati fino ad oggi un insuccesso: il processo di produzione può richiedere sostanze chimiche tossiche ed è costoso, e la resistenza meccanica e la stabilità a contatto non solo con alcool ma anche solo con acqua sono spesso insufficienti. Sembra però che abbia avuto successo un team di ricerca, guidato dai professori Yuan Yao della Yale School of Environment e Liangbing Hu dell’Università del Maryland, che ha creato una bioplastica di alta qualità partendo dai sottoprodotti del legno.

Uno studio pubblicato su Nature Sustainability delinea il processo di decostruzione della matrice porosa del legno naturale in un impasto liquido. Gli inventori affermano che il materiale risultante mostra un’elevata resistenza meccanica, stabilità quando trattiene liquidi e resistenza ai raggi UV. Può anche essere riciclato o biodegradato in modo sicuro nell’ambiente naturale e ha un impatto ambientale di molto inferiore rispetto alle plastiche a base di petrolio e ad altre plastiche biodegradabili.

Per creare la miscela di liquami, i ricercatori hanno utilizzato una polvere di legno (un residuo di lavorazione solitamente scartato come rifiuto nelle segherie) ed hanno decostruito la struttura porosa della polvere con un solvente eutettico profondo biodegradabile e riciclabile (DES). La miscela risultante, che presenta un intreccio  ordinato di fibre su scala nanometrica con legami idrogenati tra la lignina rigenerata e le micro/nanofibrille di cellulosa, ha buona solidità ed elevata viscosità, e può essere colata e laminata senza rompersi.

Il team di ricerca ha condotto una valutazione completa del ciclo di vita per testare gli impatti ambientali della bioplastica rispetto alla plastica comune. Fogli di bioplastica che sono stati sepolti nel terreno si sono fratturanti dopo due settimane e completamente degradati dopo tre mesi. La nuova bioplastica può essere peraltro scomposta mediante agitazione meccanica, che consente anche il recupero e il riutilizzo del DES. Sono quindi stati ridotti al minimo tutti i materiali e i rifiuti che potrebbero andare in natura.

La nuova bioplastica ha numerose applicazioni. Può essere modellata in un film che può essere utilizzato per la produzione di sacchetti di plastica e imballaggi: uno dei principali usi della plastica e delle cause della produzione di rifiuti. Può essere colata per formare contenitori di ogni genere e spessore, opachi o trasparenti: la fine delle bottigliette di plastica è quindi vicina. Non solo, ma poiché la bioplastica può essere modellata in forme diverse, ha un grande potenziale per l’utilizzo anche nel settore edile, nell’arredamento e nell’industria automobilistica.

Un’area che resta ancora da indagare completamente è il potenziale impatto sulle foreste.  Sebbene il processo di produzione utilizzi attualmente sottoprodotti del legno, i ricercatori affermano di essere profondamente consapevoli che la produzione su larga scala potrebbe richiedere l’utilizzo di enormi quantità di legno, il che potrebbe avere implicazioni di vasta portata su foreste, gestione del territorio, ecosistemi e cambiamento climatico. Per questo motivo sono in corso analisi con il supporto di ecologi forestali per definire e creare modelli di simulazione che colleghino il ciclo di crescita delle foreste con il processo di produzione. Insomma, questa volta gli ingegneri lavorano insieme agli esperti di protezione ambientale, integrando approcci interdisciplinari nei campi dell’ecologia industriale, dell’ingegneria sostenibile e della modellazione di sistemi di produzione ecocompatibile.

Ovvio che una scoperta “green”, un’idea eccezionale per la sua prospettiva di potenziale soluzione di un problema di inquinamento, nulla può fare se non si rivela vantaggiosa anche sotto il profilo economico. Cosa accadrà quindi e quali sono le possibilità di successo di questo nuovo prodotto?

Negli ultimi anni, le grandi aziende nel settore delle plastiche si sono mostrate interessate ad avere un’opzione più sostenibile da offrire alle aziende e ai consumatori, come hanno fatto e stanno facendo molti altri mercati come l’energia, l’agricoltura e i combustibili. Le bioplastiche differiscono rispetto a quegli altri mercati perché l’industria in questo settore non fa affidamento sui sussidi governativi. Invece, la responsabilità di capire come ridurre i costi e diventare un attore principale nel mercato delle materie plastiche è a carico dei produttori.

Essendo un’iniziativa solitaria nel mare degli sforzi ecologici, uno dei principali vantaggi e di conseguenza possibilità di successo delle bioplastiche è il potersi basare su un’infrastruttura già consolidata. La produzione di energia come quella solare ed eolica richiede un cambiamento nelle infrastrutture e un drastico sviluppo di nuove tecnologie, ma le bioplastiche vengono sviluppate per funzionare nelle apparecchiature di stampaggio a iniezione esistenti. Le resine e i composti bioplastici sono stati formulati per funzionare in apparecchiature già utilizzate da decenni per produrre parti in plastica e che possono essere riconvertite con minime modifiche, a volte solo con settaggi diversi del ciclo produttivo. Combinando questo con il fatto che le bioplastiche possono essere prodotte ovunque nel mondo abbiamo una soluzione tangibile, fattibile, economica e sostenibile.

Considerando che le bioplastiche controllavano meno del 2% del settore della plastica nel 2015, il 5% nel 2020 e si prevede che raggiungeranno una quota del 40% entro il 2030, in poco più di un decennio si raggiungerà quindi un valore di 324 miliardi di dollari. I principali driver di questa evoluzione si basano sulla domanda dei consumatori, sull’orientamento delle aziende produttrici, sulla praticità del design e sui costi. I consumatori stanno infatti diventando più consapevoli dei pericoli della plastica a base di petrolio e dei vantaggi della plastica sostenibile. Le aziende stanno impiegando sempre più esperti di sostenibilità ambientale per incorporare nei loro processi di produzione e approvvigionamento le migliori pratiche. Ad esempio, Coca-Cola ha introdotto PlantBottle, un nuovo packaging per bottiglie di plastica composto per il 30% da materiali di origine vegetale. È dunque il momento buono per nuove formulazioni che soddisfino o superino gli standard di prestazione delle plastiche tradizionali. Ed è proprio utilizzando pratiche di Design for Manufacturing (DFM) durante lo sviluppo delle formulazioni che i produttori di bioplastiche possono garantire riduzione dei costi unitamente a scalabilità e risorse adeguate ai materiali. Questi componenti sono i principali fattori che portano gli esperti a credere che le bioplastiche in generale continueranno a crescere vertiginosamente nell’industria delle materie plastiche.

E.P.

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