I rischi di contrarre una malattia “silenziosa”, legati ai comportamenti sessuali, tossicodipendenza, tatuaggi ma anche a studi dentistici e pedicure dove non si faccia sterilizzazione scrupolosa. Il 50% delle persone infette non sa di esserlo. Sono stati fatti molti passi avanti verso l’obiettivo eliminazione dell’epatite C, grazie alla disponibilità di terapie antivirali efficaci e ben tollerate, che ha rivoluzionato l’approccio all’HCV, e all’apertura dei criteri di accesso da parte di AIFA ( Agenzia per il farmaco) che di fatto permetterebbe di trattare quasi tutti i pazienti. Tuttavia, resta ancora molto da fare per raggiungere questo traguardo, previsto per il 2030.
«La terapia dell’infezione da HCV ha subito una profonda rivoluzione negli ultimi anni, grazie allo sviluppo di farmaci ad azione antivirale diretta, utilizzabili per via orale, con un ottimo profilo di tollerabilità e sicurezza e una elevatissima efficacia terapeutica – spiega Alessia Ciancio, Dipartimento di Scienze Mediche, Dirigente medico di Gastroenterologia, Città della Salute e della Scienza di Torino – questi farmaci, chiamati Agenti Antivirali Diretti (DAA) assicurano infatti l’eliminazione definitiva del virus, attraverso il blocco del processo di replicazione dello stesso, e la guarigione in oltre il 90-95% dei pazienti trattati. Si tratta di una svolta terapeutica di notevolissima importanza per i malati di epatite C che fino a pochi anni fa venivano sottoposti a regimi terapeutici che consentivano la guarigione in una piccola percentuale di casi, ma con importanti effetti collaterali in una quota non trascurabile di pazienti».
Ma qual è lo scenario epidemiologico in Piemonte?
“Risposta difficile non si conosce con esattezza il numero delle persone affette da epatite C , perché mancano ricerche specifiche e perché il 50-60% delle persone infette non sa di esserlo e lo scopre dopo molti anni o per caso o per complicanze legate alla malattia. Una stima grossolana parla dell1,5% della popolazione, con prevalenza più alta fra i migranti”
I principali rischi di infezione derivano dall’uso di droghe con utilizzo di siringhe, rapporti sessuali non protetti (in generale e in particolare con prostitute o omosessuali) i tatuaggi o body piercing, che non osservano certe norme igienico sanitarie , e poi i soggetti sottoposti a detenzione carceraria, dove la percentuale di infettati è più alta e dove talora si condividono rasoi , spazzolini, tagliaunghie. Ci si può infettare poi anche in ospedale o in studi dentistici dove non siano rispettate precise norme di sterilizzazione, così come in studi estetici (pedicure e manicure) .
La strada per eliminare l’epatite C passa anche attraverso l’informazione: per questo riparte la campagna educazionale Epatite C Zero, promossa da MSD Italia in collaborazione con EpaC Onlus e la supervisione scientifica di FIRE – Fondazione per la Ricerca in Epatologia.
La prima regione ad ospitare la campagna è il Piemonte: ieri a Torino, allo Starhotels Majestic, medici specialisti, rappresentanti dei pazienti e delle istituzioni locali si sono confrontati tra loro e con i cittadini/pazienti per fare chiarezza sull’epatite C, fornire informazioni pratiche e fare il punto sull’obiettivo ‘zero epatite C’ sul territorio regionale.
Durante l’incontro è stata messa alla prova la conoscenza dei partecipanti riguardo all’epatite C, attraverso un questionario a risposta multipla: dai risultati, commentati ‘in diretta’, è emerso che anche se la conoscenza in generale risulta buona (il 93% sa che l’epatite C è una malattia infettiva, causata dal virus HCV, che colpisce il fegato), tuttavia spesso si sottovalutano alcuni fattori di rischio. Solo il 42% infatti crede sia il caso di parlare con il medico per un eventuale test diagnostico a seguito dell’utilizzo di strumenti non sterili, come siringhe, aghi per tatuaggi, strumenti per manicure/pedicure da estetista, ferri da dentista; e solo il 41% crede di essere a rischio epatite c se viene a contatto accidentale o non con sangue altrui. Il medico si conferma punto di riferimento per informazioni e dubbi sulla salute, incalzato però dal web (2° a pari merito con il farmacista).
Fulcro della campagna è la web serie Epatite C Zero: 5 episodi, proiettati durante l’incontro, che raccontano l’epatite C dal punto di vista dei pazienti, attraverso la metafora del viaggio, a bordo di un van che attraversa l’Italia, dall’Adriatico al Tirreno. Fino a poco tempo fa infatti, l’epatite C era considerata un tunnel con poche vie d’uscita; oggi lo scenario è cambiato e la malattia può essere paragonata ad un viaggio con un inizio e con un finale positivo nella maggior parte dei casi, perché il virus HCV può essere eliminato.
La regione Piemonte, grazie a questi nuovi farmaci ad azione antivirale diretta di seconda generazione (DAAs) e alla ridefinizione dei criteri di trattamento per l’epatite C cronica, si caratterizza per un sistema messo a regime dopo una fase di emergenza, ma si si attenda l’estensione dei bacini speciali alle carceri e ai SerT.
«In questo momento l’accesso alle cure nella nostra Regione è piuttosto scorrevole, con una certa variabilità a seconda della struttura ospedaliera per ciò che riguarda, ad esempio, i tempi d’attesa per iniziare le terapie e per effettuare l’esame dell’elastografia epatica – dichiara Saverio Ventura, Referente EpaC Onlus Piemonte – ora che la fase emergenziale è quasi terminata resta comunque tanto lavoro da fare e ci sembra opportuno potenziare l’organico delle strutture ospedaliere autorizzate e dotarle di strumentazione idonea per velocizzare ulteriormente l’accesso dei pazienti alle cure».
Per saperne di più: www.epatiteczero.it