“Gli anziani tra gli ulema (sapienti religiosi) sono unanimi riguardo a quanto segue: che qualcosa di imminente va considerato come se fosse già reale; se una cosa somiglia ad un’altra, si prendono le regole di quest’ultima.”
Prendo a prestito questa saggezza orientale, del Consiglio dei Sapienti dell’Università Al Azhar del Cairo, per ribadire la nostra sventatezza di fronte a una epidemia che si avvicinava.
L’Oriente ha ai nostri occhi occidentali certamente tanti difetti, se lo guardiamo dal punto di vista della manifestazione esteriore delle cose, cioè della scienza empirica. Ma la sua saggezza ci ricorda un po’ quella tradizionale degli antichi proverbi, o dei consigli delle nonne assennate di un tempo. La saggezza derivata dall’accumularsi dell’esperienza è simile a una scienza.
Ce lo dicono gli stessi studiosi di scienze mediche, quando diffidano di un rimedio sul quale non si sono accumulate sufficienti esperienze.
La situazione nella quale si è trovata l’Italia e quindi l’Europa è derivata da troppa insipienza, poca avvedutezza, troppa sicurezza nei nostri mezzi scientifici, subito messi in crisi da un virus dalla forza distruttiva e dal fatto che nessuna cura certa è stata finora trovata.
A questo punto sono risuonate ricette che ci sono sembrate antiche di secoli, quello che “sapienti” musulmani alla fine del IX secolo consigliavano di fronte a un possibile contagio: “Se sapete che vi è (una malattia) in una terra, non andatevi, e se essa affligge una terra dove voi siete, non lasciate quella terra e non ne uscite!”.
E’ quanto si è fatto fino a 100 anni fa e anche meno, ogni volta che si avvicinava il “colera asiatico” (ricordate Morte a Venezia?). La prudenza come prima medicina e la prevenzione con gli strumenti a disposizione. Il problema è che sono scarseggiati anche questi strumenti.
Questa catastrofe ci insegna dunque qualcosa, ci ricorda sapienze e prudenze antiche, intacca per sempre molte ingannevoli certezze. Ma forse ci cambia ancor più nell’anima il massiccio esercizio di coraggio, misericordia e compassione da parte di tanti. E lo dico a ragion veduta, ne ho un esempio in famiglia, la giovane fidanzata di mio figlio, operatrice sanitaria in prima linea: di fronte al suo coraggio e alla sua abnegazione mi inchino.
Troppi fino ad oggi hanno considerato queste virtù quasi un vizio ,“come se il vizio ben fatto fosse esso stesso virtù, mentre una virtù mal fatta fosse l’essenza del vizio.”
Paolo Girola