Quando si pensa all’inquinamento, le prime immagini che vengono alla mente sono quelle di automobili, fabbriche, fumi che escono dai comignoli, non certo lo spreco alimentare.
Forse non tutti lo sanno, ma il settore alimentare è tra quelli con il più alto impatto ambientale: sarebbe responsabile, secondo uno studio della FAO (2019), di oltre un terzo delle emissioni di gas inquinanti. Se non bastasse, sempre secondo stime FAO, ben l’8-10% dei gas serra prodotti sono associati a cibo non consumato, ossia che va sprecato.
Lo spreco alimentare è una questione piuttosto seria a livello globale: sono state oltre 900 milioni le tonnellate di cibo andato sprecato nel mondo nel 2019, di cui circa 90 milioni nell’UE (FAO). Fortunatamente, l’Italia si comporta piuttosto bene: vanno sprecati (tra rifiuti alimentari prodotti dalle famiglie e settore vendite) “solo” circa 70kg di cibo a persona ogni anno (FAO 2021).
Sono molte le azioni che istituzioni, enti del terzo settore e privati stanno mettendo in campo, a livello nazionale e locale, per provare a ridurre il fenomeno. Si va dalle vere e proprie leggi anti-spreco sino alle app che cercano compratori per frutta e verdura imperfetta, passando per le iniziative che “salvano” gli invenduti per redistribuirli a chi più ne ha bisogno, come il progetto RePoPP, che dal 2016 si occupa di ridurre lo spreco alimentare del celebre mercato torinese di Porta Palazzo, recuperando negli anni circa 353 tonnellate di frutta e verdura.
Oltre la metà dello spreco alimentare, ahinoi, si produce però all’interno delle abitazioni: in questo caso è più che mai vero che è compito di ognuno di noi cambiare abitudini per aiutare il pianeta.
Come fare per ridurre l’impatto ambientale della nostra tavola?
- Mano al Menù
Pianificare i pasti per un periodo di alcuni giorni permette di fare acquisti mirati e ottimizzati. - Occhio alla scadenza
La maggior parte degli alimenti viene buttata perché scaduta o non più commestibile. È buona abitudine fare attenzione a consumare i cibi più vicini alla scadenza, magari dedicandogli un’area apposita del frigorifero.
Bisogna anche saper leggere bene le etichette: “Da consumarsi PREFERIBILMENTE entro” non significa che dopo quella data il prodotto non sia più commestibile, ma che potrebbe non essere al meglio come qualità. - Mettila da parte
In generale, è bene acquistare porzioni non eccessive, ma, laddove non possibile, conservare correttamente gli alimenti, che sia in frigo, congelandoli o facendone conserve, permette di farli “vivere” più a lungo. - Meno rosso più verde
La carne è tra gli alimenti più inquinanti durante le fasi di produzione (per ogni kg di manzo ne vengono emessi nell’atmosfera circa 60 di CO2); secondo la Fondazione Veronesi la porzione di carne rossa ideale per un adulto sarebbe intorno ai 100gr a settimana. Per il bene nostro e della Terra, la parola d’ordine è meno carne, più ortaggi! - Chiedi al contadino
I prodotti locali e di stagione sono più buoni e hanno minor impatto ambientale – basti pensare al ridotto imballaggio e al trasporto più breve, che dunque non necessità l’uso di aerei – e spesso hanno alle spalle processi più naturali. - Brutto è buono
Alle volte gli ortaggi possono presentare piccoli difetti: macchioline, bitorzoli, storture… ma restano ottimi. Mai giudicare un frutto dalla buccia! - Via quel cestino!
Non sempre quello che non serve nella nostra ricetta deve essere gettato: gambi e foglie della verdura, ben lavati, sono ottimi per le zuppe; con le bucce degli agrumi si possono fare scorzette candite, oli, o liquori; il pane secco può finire nelle polpette, ammollato nell’impasto, o grattugiato a far da crosticina.
E se proprio qualcosa non è commestibile, si può avviare una piccola compostiera, da cui ottenere il fertilizzante per le piante e i fiori di casa!
Per saperne di più: consulta i report di FAO.
Redazione