“Mettere al centro la società, avere a cuore il bene comune”, così il Presidente di Fondazione CRT Giovanni Quaglia ha voluto sintetizzare in una frase lo scopo ultimo degli “Stati generali” della Fondazione CRT: una grande operazione di ascolto collettivo, tramite interviste e focus group, partita da Torino ed estesa a tutto il Piemonte, alla Valle d’Aosta e, più in generale, al Nord Ovest, per ridefinire mission, vision, strategie della Fondazione per il prossimo decennio, e rilanciarne il ruolo di “motore” di crescita e sviluppo del territorio, anche in una dimensione internazionale.
Coinvolti finora Oltre 700 tra Sindaci, rappresentanti delle Istituzioni, Presidenti delle Fondazioni, opinion leader, protagonisti del mondo della cultura, dell’università, dell’economia, del terzo settore, del volontariato, della ricerca, dell’innovazione.
I risultati del percorso, lungo oltre un anno saranno consegnati dal Consiglio di Indirizzo uscente al nuovo che sarà eletto il prossimo 30 aprile, perché possa disegnare la “road map 2020-2030” della Fondazione, a partire da un materiale di conoscenza del territorio.
“Gli Stati Generali hanno centrato un primo, importante obiettivo – ha spiegato Giovanni Quaglia – : portare alla luce una forte domanda di leadership da parte della Fondazione nella messa a fuoco delle traiettorie di sviluppo locale, di fronte a una progressiva difficoltà delle istituzioni pubbliche nel guidare o accompagnare i processi sociali con adeguate disponibilità di risorse e competenze. La questione che si pone, quindi, è in che misura la Fondazione potrà assumere questa responsabilità, che non è più solo erogativa, ma strategica, anche tenuto conto che è generalmente riconosciuta come soggetto autonomo e indipendente sia dalla politica sia dalla finanza”.
Dagli Stati Generali emergono due chiavi di lettura: una torinese e una territoriale. Una Torino che punta su asset quali le infrastrutture, il turismo, la cultura, l’innovazione, il social impact. Una città con un ruolo forte del sistema delle Università nella progettazione strategica, orientata a focalizzare gli sforzi sulla rivoluzione digitale, gli hub del trasferimento tecnologico, il potenziamento della ricerca, dell’alta formazione, delle start up. Ma anche una Torino coesa, impegnata nel lavoro sulle periferie e sul tessuto delle piccole imprese, sulla valorizzazione delle risorse diffuse a supporto dell’economia.
La seconda, la via “territoriale”, individua nel food, nelle medie imprese, nei beni paesaggistici, nella cultura, nel turismo, i principali driver della crescita delle aree non metropolitane, con una attenzione non marginale alla sostenibilità ambientale. Sono un esempio il “modello Langhe”, che enfatizza l’eccellenza agroalimentare, il modello Piemonte orientale per l’Università e la logistica, e quello delle “piattaforme urbane intermedie”: in sintesi, le città medie come snodi di aree più ampie, in quanto sedi di atenei, piccoli poli culturali, funzioni sanitarie, eventi per attrarre visitatori e nuovi residenti.
C’è poi il tema del “welfare”: gli Stati Generali indicano la necessità di irrobustire il tessuto sociale segnato da dieci anni di crisi e da fenomeni di “sgretolamento”: indebolimento della scuola e della capacità di integrare, spaesamento e isolamento di vasti settori del mondo giovanile, rischio di abbandono dei territori marginali. Gli orientamenti pro welfare evidenziano sensibilità diverse: da un’idea del sociale come leva economica, con un forte richiamo alla redditività almeno parziale delle iniziative, alla cura dei beni comuni e collettivi da mantenere esterni alla sfera di mercato, fino alla cura del margine: periferie urbane, territori montani o alto collinari.
Sulla base di queste indicazioni quale il ruolo futuro della Fondazione CRT? Potrebbe articolarsi intorno a 4 possibili profili:
La Fondazione “agente di sviluppo” a fronte della percezione diffusa di una minore presenza dell’attore pubblico, mettendo in campo non solo risorse economiche, ma anche una più ampia gamma di competenze tecniche, relazionali, finanziarie, progettuali. La Fondazione “sussidiaria” o “aiuto regista” che, in veste di facilitatore, sia in grado di assicurare un “concorso esterno” a una rinnovata regia territoriale, fornendo strumenti, risorse strategiche e occasioni di confronto al pluralismo.
La Fondazione “supplente” rispetto agli enti locali, penalizzati da progressive difficoltà di bilancio e di potere regolativo.
La Fondazione “tessitrice” di reti con le istituzioni no profit e del terzo settore, capace di aggregare e di creare un effetto leva per i territori, specie quelli non metropolitani, in cui sta incidendo sempre meno il ruolo storicamente esercitato dalle Province.
“è emersa dagli incontri degli Stati Generali una grande aspettativa nei confronti della Fondazione CRT che, nel corso della propria storia, ha attivato risorse per 1,6 miliardi di euro senza trascurare neppure uno dei 1.284 Comuni piemontesi e valdostani – ha concluso il Presidente Quaglia
il Segretario Generale della Fondazione CRT Massimo Lapucci ha sottolineato come in questi anni si sia rafforzata la struttura patrimoniale e finanziaria della Fondazione CRT ; se nel 2012 era negativa per 230 milioni, nel 2018 è positiva per 250.Frutto di una attenta gestione del patrimonio e di investimenti che hanno mostrato una buona redditività.
Lapucci ha ricordato “la grande scommessa delle OGR, sia con le Officine Nord dedicate alla cultura contemporanea, sia, quest’anno in particolare, con l’apertura delle Officine Sud per l’innovazione tecnologica, scientifica, industriale, con partner di rilevanza globale per l’accelerazione di impresa, le start up, la ricerca avanzata sui Big Data, portando sul territorio metodi ed esperienze delle aree più evolute del pianeta quali la Silicon Valley”.
Redazione