“La forza della società”

Giovanni Quaglia - La forza della società

Molti avranno visto la pubblicità di una grande  catena commerciale che ci martella dai principali canali televisivi in questi giorni e dice “nessun uomo è un’isola…”.

La pubblicità riprende il titolo di un celebre libro degli anni Sessanta del monaco-scrittore americano Thomas Merton, che aveva appunto per titolo, in  italiano, “Nessun uomo è un’isola”, e le stesse parole basterebbero per sintetizzare quanto contenuto nel bel libro di Giovanni Quaglia, presentato  in questi giorni a Torino, presso la sala Agorà della Fondazione CRT (di cui l’autore è Presidente). Il numero di persone presenti, il loro ruolo (fra gli altri i sindaco di Torino Appendino e il presidente della Regione Chiamparino) dimostrano l’interesse che il personaggio suscita in città, dove si sta imponendo  all’attenzione sociale, politica ed economica.
Ma veniamo al libro scritto da Quaglia con il prof. Rosboch, che ha per titolo: “La forza della società” (edizioni Aragno) e un sottotitolo “comunità intermedie e organizzazione politica” che non può non far fischiare, di questi tempi, le orecchie più attente, proprio nel momento in cui il giovane Casaleggio mette in discussione la rappresentanza parlamentare e vagheggia di una  società governata da una democrazia diretta via internet.
Quaglia parte da lontano, da quel “Codice di Camaldoli” che fu il parto di una trentina di economisti, giuristi, sociologi, tecnici e dirigenti vari  di fede cattolica, redatto dopo la riunione che tennero fra il 18 e il 23 luglio del 1943 nel monastero di Camaldoli, su ispirazione dell’allora mons. Montini (il futuro Paolo VI) per fornire alle forze sociali cattoliche una base unitaria che ne guidasse l’azione nell’Italia liberata. Il Codice di Camaldoli fu linea guida e ispirazione per l’allora nascente Democrazia Cristiana. Guardiamo bene le date: nella notte tra il 24 e il 25 luglio 1943, il Gran Consiglio del Fascismo approva l’ordine del giorno Grandi che sfiducia Mussolini.

Quaglia ricorda i 75 anni di quella riunione di cattolici, importantissima per il futuro dell’Italia repubblicana, ripercorre i temi delle 99 proposizioni che fanno parte del Codice di Camaldoli,  che trattano  tutti i temi della vita sociale: dalla famiglia al lavoro, dall’attività economica al rapporto cittadino-stato, ne mette in evidenza l’attualità, in particolare di uno dei pilastri del documento: il concetto di  “bene comune” ma anche  dell’altro , quello dell’”armonia sociale”, declinato con parole attuali, quali solidarietà, e soprattutto sottolinea l’importanza per la vita democratica di quelli che si definiscono i “corpi intermedi”: istituzionali (province , comuni) e sociali  (partiti, sindacati, associazioni di categoria, cooperazione, volontariato, le stesse Fondazioni). Niente di più lontano da quanti oggi teorizzano l’individualismo politico, che lascia, ha detto Quaglia, “il cittadino nudo davanti allo Stato”. “Un richiamo  all’attualità”, sottolinea l’autore, mentre l’attuale riflessione politica e giuridica, dopo aver evidenziato i limiti della rappresentanza  come fattore di crisi della politica e dello Stato contemporaneo  “ha posto a più riprese l’esigenza di individuare  nuovi meccanismi  di partecipazione  al fine di salvaguardare nella sostanza le esigenze più genuine di una democrazia sostanziale”.
Il libro  invita a superare l’alternativa netta fra pubblico e privato recuperando il valore istituzionale dei corpi intermedi, anche se non si nasconde la crisi di partiti e sindacati, ma , dice Quaglia, la morte dei corpi intermedi riduce la possibilità di perseguire il bene comune.
Forte anche il richiamo alla “nobiltà della politica”, un impegno “che sa di regalità” carico di “un oggettivo e specifico onore”. Una politica e una attività di governo che debbono avere due polmoni “la visione strategica e la gestione quotidiana”.
Anche le fondazioni di origine bancaria, di cui l’autore è autorevole rappresentante, sono, dice,  parte dei corpi intermedi del territorio a cui devono prestare ascolto e rendere conto di quello che fanno. Il libro vuole essere  anche un contributo di riflessione per gli Stati generali della Fondazione CRT che si terranno in autunno.
Un invito insomma alla partecipazione, a non rifugiarsi nel privato, ricordando la storia di Torino, dei suoi “santi sociali” che hanno insegnato a creare valore sociale intervenendo sulle situazioni di fragilità. Partecipazione e creazione di  valore che  la Fondazione CRT , ha annunciato Quaglia, si propone di calcolare con metodi nuovi. Insomma “nessun uomo è un’isola” e non deve diventarlo nonostante le attuali tentazioni,  perchè, sostiene  l’autore, la persona si realizza pienamente solo se si mette in relazione con gli altri attraverso i corpi  intermedi che sono la spina dorsale di una società democratica.

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