C’è di tutto nel Torino film festival numero 34, come sempre e un po’ di più. Il direttore Emanuela Martini ha ancora alzato l’asticella della doppia anima, cinefila e popolare e ha messo insieme il diavolo e l’acqua. Ma quello che in un altro festival sarebbe un difetto, un eclettismo fuori misura, qui per la singolarità della manifestazione diventa un pregio.
Ed ecco, allora, tra gli ospiti e i loro film, Nanni Moretti accanto a Caterina Caselli; o Gabriele Salvatores con Rita Pavone, e poi Paolo Sorrentino, Gianni Amelio, il grande regista greco Costa Gravas, il capolavoro del cinema di tutti i tempi “Intolerance” vicino ad attori quali Gianni Morandi, Al Bano, Romina Power, Mario Tessuto, Celentano.
In un programma con oltre 200 titoli, 158 lungometraggi, e poi corti e documentari, la vetrina principale è naturalmente per il concorso degli esordienti, o poco più, ai quali è dedicato il festival: 15 film da mezzo mondo, Europa delle diverse latitudini, le due Americhe, l’estremo Oriente, c’è anche la Cambogia e un italiano, uno solo quest’anno, Andrea De Sica, nipote di Vittorio, figlio del musicista Manuel De Sica, con “I figli della notte”.
Registi giovani che raccontano ansie, turbamenti, speranze, illusioni, delusioni, rabbie delle nuove generazioni dei 5 continenti. Da qui sono attesi i nuovi talenti del cinema mondiale, e per il vincitore c’è un passaporto sicuro per continuare, e dispiegare il suo talento. Da non perdere.
Se nel concorso figurano le promesse del cinema che verrà, ecco invece la sezione dei capolavori riconosciuti. Cinque film scelti dal premio Oscar con “Mediterraneo” Gabriele Salvatores nelle vesti di “direttore ospite”, invitato a indicare i titoli che hanno segnato la sua ispirazione di regista: “Jules e Jim”, Truffaut; “Blow-up”, Antonioni; “If…”, Lindsay Andersen; “Alice’s restaurant”, Penn; “Fragole e sangue”, Stuart Hagmann. Se molti di noi sono stati rapiti dall’arte del cinema e altri ancora possono esserlo, lo si deve anche a questi film. E ora la possibilità di riscoprirli sul grande schermo, lingua originale e versione integrale. Occasione più unica che rara.
C’è poi la “partecipazione straordinaria” di Paolo Sorrentino, premio Oscar con “La grande bellezza”, che riceve il nuovo “Premio Langhe-Roero e Monferrato”: 100 bottiglie di vini di pregio offerti dai produttori delle terre che l’Unesco ha proclamato Patrimonio dell’umanità. Scopo dichiarato dell’iniziativa, promuovere la “grande bellezza” di questi territori dal fascino unico.
Tra le curiosità che possono sedurre non solo i cinefili, c’è il documentario “Nessuno mi può giudicare”, dal titolo della canzone di Caterina Caselli, fatto dal critico Stefano Della casa. E per presentarlo il festival ha invitato la Caselli e Rita Pavone. Erano i “magnifici anni ’60” e il cinema italiano, accanto a film di grande impegno sociale e politico, inondava le sale col genere “musicarello”. Una canzonetta, un cantante che per l’occasione diventava anche attore, una storiella sentimentale un po’ stiracchiata, e il film era fatto. Se ne girarono molte decine in quegli anni, una produzione “industriale”, anche 10-15 all’anno, successo garantito. Era il cinema di serie B, a suo modo specchio di un “come fummo” in Italia.
Tra gli altri “personaggi e interpreti”, Nanni Moretti con “Palombella rossa” restaurato; Costa Gravas, che riceve il “Premio Adriana Prolo” presentato da Riccardo Scamarcio, con “Z, l’orgia del potere”, girato nel ’69 sul “regime dei colonnelli”; il capolavoro di Michael Cimino, scomparso l’estate scorsa, “Il Cacciatore”; “Furyo”, di Nagisa Oshima, dell’ ’83, con Davide Bowie, al quale è dedicato il manifesto di questa edizione.
E ancora, la notte horror con film di vampiri, spiriti e zombi, e il cinema punk, sul movimento giovanile che compie 40 anni.
E assolutamente da non perdere, “Intolerance”, 1916, firmato da David W. Griffith, che si ispirò a “Cabiria” di Pastrone, girato 2 anni prima. Il Tff daL18 al 26 novembre nei cinema Massimo, Reposi, Lux e Classico.
[Nino Battaglia]
Per saperne di più: www.torinofilmfest.org