“Durante il conflitto civile in Spagna diventai fotografo di guerra. Poi documentai la ‘guerra fittizia’ e infine mi ritrovai a fotografare quella vera. Al termine di questo lungo periodo fui molto felice di essere un fotografo di guerra disoccupato, e tale mi auguro di poter restare fino alla fine dei miei giorni”. Così scriveva Robert Capa in un articolo per la rivista inglese “Illustrated” il 1° maggio 1948. Il grande fotografo fece male a non tener fede a questo suo proposito.
Il 25 maggio del 1954, durante la prima guerra di Indocina, si mise al seguito di un convoglio di truppe francesi comandate dal tenente colonnello Jean Lachapelle. Erano in marcia sulla via del ritorno ,sulla strada da Thaibinh a Naimdinh, a est di Hanoi. Viaggiavano su una strada fra le risaie, percorsa da contadini che portavano le anatre al pascolo e ceste di riso. Capa lasciò il convoglio e si inerpicò su un argine per fotografare i soldati francesi che avanzavano lentamente nelle risaie, calpestò una mina e morì dilaniato. Aveva 41 anni.
Le ultime foto , scattate da quello che è considerato ancora oggi uno dei grandi fotografi di tutti i tempi, sono esposte nella bella mostra in corso a Torino a Palazzo Chiablese: “Capa in color”. Sono state scattate poco prima della morte: ritraggono un contadino col figlioletto che porta le anatre al pascolo con alle spalle motociclisti francesi e due foto di truppe che avanzano sparse nelle risaie, in una un fante ha sulle spalle una grande ricetrasmittente. E poi contadini vietnamiti che si affannano a tirar su da un argine una bicicletta carica di sacchi di riso. Sulla sinistra camion dell’esercito francese. Sono tutte a colori.
Sembrano voler mostrare l’assurdità della guerra: in mezzo le popolazioni inermi che cercano comunque di sopravvivere con la misera vita di sempre.
È un addio che lascia un messaggio e apre scenari che sarebbero stati ancora più tragici: la sconfitta dei francesi, che erano già stati accerchiati e battuti a Dien Bien Phu dai Viet Minh due settimane prima che Capa morisse, diede avvio alla lunga e sanguinosa guerra del Vietnam fra il Sud e il Nord con gli americani in prima linea.
Ma “Capa in color” ci mostra soprattutto altri aspetti del grande fotografo, aspetti più mondani e altrettanto interessanti. Sono foto sui set di film celebri con personaggi famosi da Humprhey Bogart a Ava Gardner, John Huston, Anna Magnani ripresa sul set di “Bellissima” ( 1951), Roberto Rossellini e Ingrid Bergman mentre l‘attrice girava “Viaggio in Italia” nel 1953. A fotografare produzioni cinematografiche Capa aveva iniziato nel 1946, a Hollywood, sul set del film “Notorious” del grande Hitchcock. Inizialmente fu per lui una esperienza professionale non del tutto soddisfacente, nonostante un flirt con la bellissima Ingrid Bergman, protagonista del film.
E poi ci sono le foto delle piste da sci delle Alpi, dove Capa fotografa anche la futura regina Beatrice d’Olanda sulle nevi di Klosters in Svizzera. O altre nelle località più glamour, da Mègeve a Zermatt, passando per Breil Cervinia dove un maestro gli dice “ lo sci è come l’amore, immensamente pericoloso, molto costoso ma è una esperienza da non perdere”, come scrisse lo stesso Capa in un articolo per la rivista Holiday nel gennaio del 1951.
Ci sono poi le fotografie di quella che Capa chiama la “Champagne society”, i ricchi che si spostano d’estate dai parigini Harris bar e Chez Maxim all’ippodromo di Dauville o a Biarritz, sulle cui spiagge atlantiche fotografa i primi bikini.
E ancora fotografie di personaggi famosi come Ernest Hemingway con il figlio Gregory, Pablo Picasso al mare, a Vallauris con amici e il figlio Claude.
E infine la Roma modana del dopoguerra, dove scatta la bellissima foto che campeggia nel manifesto della mostra torinese: l’ affascinate attrice e modella Capucine, in primo piano affacciata a un balcone.
Naturalmente non mancano le foto della seconda guerra mondiale, che segue come reporter di guerra anche con sprezzo del pericolo, come quando si fa paracadutare in Francia con una compagnia di paracadutisti durante lo sbarco in Normandia. Tutte ancora a colori.
La mostra vuole scandagliare soprattutto il rapporto di Capa con la fotografia a colori, nata nel 1938 con le prime pellicole Kodak (usata all’inizio soprattutto per le riviste che oggi definiremmo di Gossip) in un periodo che la storia ricorderà come un mondo in bianco e nero. “Non è un atto blasfemo riconoscere questa parte del suo lavoro”, scrive nella presentazione del bel catalogo della mostra la curatrice Cynthia Young, “e prendere atto che l’ironia , il glamour e l’intrattenimento furono una parte importante della sua fotografia, quanto lo furono il profondo impegno per i diritti democratici e il suo contributo nel mostrare le ingiustizie sociali”.
Infine congratulazione alla Ares, la giovane società torinese che ha contribuito alla realizzazione della interessante e bella mostra.
P.G.
Capa in color
Palazzo Chiablese , piazzetta Reale Torino, fino al 31 gennaio (in attesa di riaprire dopo il periodo di clausura).