Liberi di fare

Liberi di fare

A pochi giorni dalla mobilitazione nazionale, organizzata dalla rete “Liberi di fare”, che si svolgerà il 9 giugno in molte città italiane, abbiamo intervistato il coordinatore della rete in Piemonte Antonio Castore.

Perché e come è nata la rete “Liberi di fare”?
“Liberi di fare” non è un associazione,  ma una rete auto-costituita, libera, indipendente, apartitica, di persone disabili e non nata allo scopo di richiamare l’attenzione dei politici, delle autorità e della società nel suo complesso su quello che a tutti gli effetti è un diritto dimenticato, il diritto all’assistenza personale autogestita come strumento principale della Vita indipendente per le persone con disabilità.
Quella di liberidifare è una storia giovane. Il tutto ha preso avvio grazie all’iniziativa di due giovani, argute e combattive sorelle disabili di Senigallia (AN), Maria Chiara ed Elena Paolini, e da una loro lettera, indirizzata all’allora presidente del Consiglio dei Ministri Gentiloni, che nel giro di poche settimane ha ricevuto più di 20.000 condivisioni sui social network (https://goo.gl/JiAqL2). Sfruttando la breccia aperta da questa lettera e la visibilità ottenuta, Maria Chiara ed Elena hanno raccolto intorno a sé un gruppo di attivisti in tutta Italia, che ha dato vita ad una serie di manifestazioni coordinate e sincronizzate in 23 città, nei giorni 3, 4, 5 novembre scorsi.

Perché è importante partecipare all’evento di sabato prossimo.
Nonostante l’impegno di molti – ci siano realtà associative, come Consequor e il comitato per la Vita Indipendente in Piemonte, o ENIL Italia, che da circa vent’anni si occupano del tema -, il concetto stesso di Vita indipendente è poco conosciuto e pochissimo praticato: i fondi sono insufficienti e spesso discontinui, molti ne sono esclusi, i trattamenti sono diversi da regione a regione, e gli uffici preposti molto spesso si rivelano impreparati.
In realtà la vita indipendente per le persone con disabilità richiede un ripensamento radicale delle forme di assistenza, mette al centro la persona, con i suoi bisogni e aspirazioni, si incardina su un “progetto di vita” personalizzato.
L’assistenza personale è uno strumento fondamentale per la realizzazione personale delle persone disabili che non sono autosufficienti. Consiste nell’assumere personale che supporta la persona disabile in quelle azioni che questa non può svolgere a causa della sua disabilità.
Se messe nelle giuste condizioni, le persone disabili possono autodeterminarsi e concretizzare il diritto di vivere la vita che desiderano.
Questo principio viene già applicato negli Stati Uniti e in vari paesi europei (tra i quali Svezia, Inghilterra e Finlandia). Si tratta di un modello completamente diverso dalle prestazioni di assistenza “tradizionali” di tipo medico/assistenziale: la persona disabile si trasforma da oggetto passivo di cure standardizzate a soggetto attivo, in grado di assumere direttamente (o quando necessario tramite un tutore) gli assistenti, e definire tutti i dettagli della propria vita.

Dalla prima manifestazione a oggi c’è stato qualche cambiamento sui temi legati alla disabilità?
Sicuramente sono cambiati gli interlocutori istituzionali. C’è un nuovo governo, che ha fatto molte promesse, anche riguardo alla disabilità, e dichiarazioni, seppur poco circostanziate. C’è un “contratto di governo” che promette “aiuti”, anche se noi avremmo preferito un approccio diverso: le persone e le associazioni che manifesteranno con Liberi di fare, lo faranno per chiedere non nuove elemosine assistenziali ma l’avvio di una nuova stagione di diritti.
Parlare di sociale e di temi come questo è importante per creare una sensibilità che porti a cambiamenti reali. Ci auguriamo che la manifestazione di sabato, per cui auspichiamo un‘ampia adesione, contribuisca a questa sensibilizzazione e al cambiamento.

Intervista a cura di G. D.

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