I destini incrociati dell’arte letteraria e di quella dello schermo si ritrovano, e non è la prima volta, al Lingotto per la 31esima edizione del Salone del libro. Registi scrittori e scrittori registi, e poi attori, sceneggiatori, il grande e il piccolo schermo: le due arti non possono fare a meno l’una dell’altra. Si cercano, si contaminano. Come accade da sempre.
Libri che diventano cinema, e film che diventano libri. E il salone ne dà testimonianza. In passato lo stretto legame tra letteratura e cinema era stato richiamato con una vera e propria “sezione” del salone. Libro e film erano stati messi l’uno di fronte all’altro, in qualche caso l’uno contro l’altro. Una “gara” che aveva appassionato i visitatori: da una parte i lettori duri e puri, magari delusi dal film, “troppo diverso” dal romanzo. Dall’altra i cinefili, partigiani dell’adattamento per lo schermo che aveva valorizzato e reso opera d’arte un libro ritenuto di modesto valore. Confronti vivaci, carichi di belle passioni. Poi, tutti d’accordo: libro e film sono due espressioni diverse, ognuno ha la sua specificità, e non possono essere paragonati con troppo facilità. E nel corso degli anni non sono mancati al salone ospiti “di confine” e bifronti, scrittori e registi.
Anche quest’anno, c’è un bel campionario. In primo piano l’anziano Bernardo Bertolucci per un omaggio plurimo che moltiplica i suoi obiettivi. Per il venerato Maestro, innanzitutto, il più francese dei registi italiani, chi non ricorda Ultimo tango a Parigi? Nell’anno in cui il Sessantotto compie 50 anni, nell’edizione del Salone il cui ospite d’onore è la Francia, nell’anniversario del mitico “maggio francese” che diede il via ai moti poi dilagati in ogni dove, in tale contesto in cui tutto si tiene, il salone del libro ricorda il film di Bertolucci The Dreamers, realizzato nel 2003, che nel triangolo amoroso di tre ragazzi ribelli rievoca gli eventi di quell’anno a Parigi. Il film verrà proiettato nella magica cornice della Mole antonelliana, Aula del tempio. E proprio in quell’anno ’68 Bertolucci girava il suo film Partner, che a sua volta è impregnato del clima di quel tempo. Anche questo titolo nel programma di proiezioni che il Museo dedica a Bertolucci.
Nella bulimia di rimandi, suggestioni ed evocazioni attribuiti all’iniziativa, poteva bastare. Invece no. Perché c’è ancora un omaggio del salone del libro al Maestro ospite ad opera di un regista scoperto di recente dal grande pubblico Luca Guadagnino, che ha realizzato il documentario Bertolucci on Bertolucci. Guadagnino è l’autore del film “Chiamami col tuo nome” che grande risonanza ha avuto durante l’ultimo inverno, tra consensi della critica e successo di pubblico. Il film era candidato agli Oscar per l’Italia ed è arrivato anche in finale: a Hollywood gli hanno attribuito l’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale, firmata dal regista inglese James Ivory.
Al Lingotto arriva con un libro anche uno dei più apprezzati registi italiani, il premio Oscar per Nuovo cinema paradiso Giuseppe Tornatore, che presenta la sceneggiatura, pubblicata da Sellerio, di un film che non ha mai realizzato, Leningrado. Attraverso le vicende di una violoncellista, dei suoi figli e di altri familiari, racconta i 900 giorni dell’assedio di Leningrado da parte dei tedeschi di Hitler. Drammi privati e tragedia collettiva, l’orrore di quegli eventi. Un film che Tornatore insegue da più di 5 anni tra studi, indagini, ricerche, testimonianze, interviste, sopralluoghi, contatti con possibili produttori. Un film mai nato, che vive nelle pagine di un libro.
E al salone c’è anche lo scrittore di successo Niccolò Ammaniti che dalla pagina è passato dietro la macchina da presa con la serie Tv realizzata per Sky Il miracolo, coadiuvato da altri 2 registi, Francesco Munzi e Lucio Pellegrini. Dall’irruzione nel covo di un boss della ‘ndrangheta dove viene trovata una statua di plastica della Madonna che piange sangue, le vite sconvolte di tutti coloro che per un motivo o per l’altro hanno avuto contatti con questo evento. Ammaniti, debuttante nel cinema, ha in realtà una lunga frequentazione indiretta con il grande schermo. Ben 5 dei suoi romanzi sono diventati film, tra i più noti, Io non ho paura, di Gabriele Salvatores, che ha portato sullo schermo anche Come Dio comanda. Tra i registi che hanno adattato per il cinema libri di Ammaniti, figura anche Bertolucci con Io e te. Lo scrittore ora è atteso al Lingotto per parlare del suo Miracolo, la potenza di questo enigma, la cui trama misteriosa non può avere risposte.
Cinema al salone del libro anche con lo scrittore messicano Guillermo Arriaga, autore del romanzo Il selvaggio, che dialoga col suo traduttore italiano Bruno Arpaia. Come altri scrittori, Arriaga vive con un piede nella letteratura e l’altro nel cinema; è uno dei più importanti sceneggiatori del cinema mondiale; a lui si devono alcuni dei film più apprezzati del grande regista suo connazionale Alejandro Inarritu, per il quale ha scritto le pellicole della “trilogia della morte”, Amores Perros, 21 grammi, e Babel. Arriaga ha scritto anche il film di successo Le tre sepolture, di Tommy Lee Jones, al quale è andato il premio per la migliore sceneggiatura al festival di Cannes del 2005. Lo scrittore ha anche firmato un film come regista, The Burning plain – il confine della solitudine, con Charlize Theron e Kim Basinger. Non è la prima volta che Guillermo Arriaga viene in città: nel 2013 era stato nella giuria del Torino film festival diretto da Paolo Virzì.
Ancora cinema al salone del libro con lo scrittore irlandese Roddy Doyle, che viene a presentare il suo romanzo Smile, il ritorno di un uomo dai tanti fallimenti nel quartiere della sua infanzia, a Dublino. Molti i libri di Doyle arrivati sul grande schermo. Con i suoi romanzi ha dato voce alla classe operaia irlandese, una voce ironica e dolente, malinconica e carica di umorismo agrodolce, e il cinema ha portato questi temi alla grandi platee. Tra i film di successo, The commitments, di Alan Parker, The snapper e Due sulla strada, entrambi di Stephen Frears. Scrittore per lettori adulti, ma anche per ragazzi, Roddy Doyle. Molto noto tra i genitori e i loro figli Il trattamento ridarelli, con le sue irriverenti avventure.
Un altro anniversario viene ricordato dal salone, il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, attraverso un attore tra i più noti del cinema italiano, Fabrizio Gifuni, molto attivo anche nel teatro. A Gifuni è stato chiesto di realizzare un monologo su quella vicenda dolorosa e lacerante che segnò per sempre il Paese.
Al salone del libro, insomma, è un po’ come andare al cinema.
Nino Battaglia