Metti insieme su un palco al Salone del Libro Massimo Carlotto e Valerio Varesi e la visita si trasforma in un appuntamento imperdibile per riscoprire una collana storica dell’editoria italiana e catapultarsi nell’universo narrativo di due dei migliori e più apprezzati “scrittori di genere” del panorama nazionale e internazionale.
La collana Il Giallo Mondadori, rivisitata nel marzo 2019 con una nuova veste grafica, rappresenta la storia del romanzo d’investigazione del nostro paese, tanto da dare il proprio nome “giallo” a un genere intero, un po’ come il romanzo poliziesco in Francia si identifica con il colore “noir” di Gallimard. Dal 1929 le pagine scritte sono state molte, firmate da grandi autori, divenute nel tempo grandi classici stranieri e italiani.
Non fanno eccezione due delle ultime novità in libreria “Reo confesso” di Valerio Varesi e “Il francese” di Massimo Carlotto. Moderato da Franco Forte, direttore della collana del Giallo Mondadori, l’incontro andato in scena presso la Sala Viola durante la giornata inaugurale del Salone del Libro ha visto i due scrittori dialogare sul e di “giallo”. Se la scelta di Varesi è stata quella di continuare la serialità delle avventure del Commissario Soneri, stavolta immerso in “un’indagine contro mano, alla rovescia”, Carlotto dà vita a un nuovo personaggio: “il francese”. In entrambi i casi, il “genere, il crimine, o il noir” sono la scusa per “descrivere la realtà o altro”, nel caso di Varesi “la possibilità di narrare la realtà, di entrare e sviscerare un fatto di cronaca, per permettere di illustrare anche casi non risolti”, in quello di Carlotto “di raccontare altro, il mondo della prostituzione attraverso gli occhi di un protettore”. Personaggi, storie e territori che pagina dopo pagina delineano la società attuale, quella che ci circonda, partendo da personaggi tradizionali in un caso o “ripugnanti” nell’altro.
Luoghi e ambienti specifici, l’Emilia, il Nord Est, la provincia, che potrebbero immaginarsi lontani da fatti di cronaca ai più, ma che in realtà rivelano, come sottolinea Carlotto, “un muro di gomma, di perbenismo, perché proprio negli interstizi di queste società si annidano e si intrecciano legami tra organizzazioni criminali, mafie e imprenditori corrotti che determinano un sistema. In provincia in una finta provincia, dove a comandare ancora sono le grandi famiglie”. In “Il francese” lo stesso protagonista, seppur repellente nell’idea comune, è infatti una figura di mediazione che permette di raccontarla questa società, perché in qualche modo, per togliersi dai guai, su di essa dovrà investigare.
G. B.