È questa la richiesta di sei organizzazioni del terzo settore alle istituzioni per rispondere alle criticità gestionali, organizzative ed economiche delle strutture residenziali per persone con disabilità ed anziani non autosufficienti emerse durante e dopo l’emergenza COVID19.
Un invito improntato a intervenire legislativamente e attraverso sostegni economici rivolto all’attenzione di Parlamento, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Salute, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Regioni e Conferenza Unificata ed ANCI.
La proposta congiunta di Anffas, Agespi, Anaste, ANSDIPP, Aris e UNEBA, messa nero su bianco in una lettera e in un documento schematico, ma completo, di analisi delle problematiche è quella di rendersi disponibili sia ad incontri specifici sia all’apertura di un gruppo/tavolo di lavoro. Interventi necessari per trovare rimedi efficaci e veloci alla crisi economica, con le conseguenti ricadute sulla qualità e sulla continuità dei servizi, che stanno attraversando le strutture residenziali a carattere sanitario, socio-sanitario e socio assistenziale.
Per le realtà scriventi occorrono interventi di sistema per evitare l’implosione delle strutture, evitando che centinaia di migliaia di persone siano dimenticate o private dei propri punti di riferimento, protezione e assistenza, capaci di dare loro attenzione e speranza di una vita dignitosa. Nonché dare spazio a queste tematiche all’interno delle politiche sanitarie finanziate con il Recovery Fund o altri interventi europei.
Infatti, si legge nel documento, gli impatti dell’emergenza sanitaria hanno riguardato molteplici aspetti. Dalla tenuta economico gestionale “a fronte dei maggiori consistenti costi della gestione … dovuti a una struttura organizzativa che piuttosto che comprimersi è stato necessario ampliare e potenziare”, ai maggiori oneri per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale (nella Fase 1 dispositivi non forniti dalle Amministrazioni Committenti del Servizio o dalla struttura del servizio sanitario di riferimento, ritardo nelle politiche di calmierazione dei prezzi). Dalla contrazione e riduzione della “vita di relazioni”, che “ha reso necessario un incremento delle prestazioni di natura educativa e di assistenza psicologica”, alla mancata possibilità “in molte parti d’Italia” di partecipazione alle attività dei volontari “attività preziose per sviluppare e consolidare relazioni interpersonali, per contrastare i disagi psicologici … inducendo molte strutture a far investimenti specifici”. Dall’innalzamento del rischio specifico, che anche in questo caso ha comportato un impiego “di risorse professionali e di ingenti risorse economiche” ulteriori, alla rimodulazione dell’organizzazione degli spazi e della struttura dove “le stesse figure professionali non potevano continuare ad erogare la propria prestazione anche verso altri tipologie di servizi o anche verso altra similare struttura residenziale”. Dalla sanificazione con criticità presentatesi laddove “vi sono spazi di uso assolutamente personale non previsti per altri servizi non residenziali (docce, mensa, ecc.)”, alla gestione di casi sospetti o positivi e ai rapporti con le istituzioni sanitarie quando “casi sospetti COVID o positivi di persone con disabilità ed anziani, sono state spesso rifiutate per l’ospedalizzazione e di conseguenza mantenute presso la struttura”, in questi casi da riorganizzare. “Al tempo stesso, non sono stati garantiti né tamponi, né test sierologici per prevenire il contagio … lasciando alla sola capacità della struttura di reperire tutto ciò, anche ricorrendo a servizi privati di altre province se non di altre regioni”.
Per tutto questo quindi una cabina di regia si rende auspicabile per non lasciare il sistema residenziale e le “persone che lo abitano” nuovamente sole.
G. B.
Per saperne di più: Anffas