Prologo: in molti Paesi africani la situazione di scuole, ospedali, trasporti è drammatica. Che cosa ne fanno i governanti degli aiuti finanziari elargiti ai loro Stati? Li mandano in Svizzera su conti personali e li spendono in armamenti? E il sistema monetario internazionale non vede questi soldi andare e ritornare? Meglio le micro-realizzazioni di sviluppo comunitario (agricoltura per l’autoconsumo, promozione dell’artigianato, cooperativismo e imprenditoria femminili, ecc. ecc.) che possono stimolare l’affermarsi della democrazia diretta. La “solidarietà da popolo a popolo” è infinitamente più efficace di certe interessate “cooperazioni internazionali” pubbliche.
“Se le ricchezze non vanno là dove sono gli uomini, è inevitabile che siano questi ad andare là dove sono le ricchezze!”. Questa frase del giornalista francese Alfred Savsy recentemente scomparso (egli fu l’inventore – nel 1957 – dell’espressione “Terzo Mondo”) è stata valida per lungo tempo per spiegare gran parte delle migrazioni dei popoli in movimento da e per ogni latitudine (dalle campagne alle città e poi dalle bidonvilles degli agglomerati urbani all’emisfero Nord o in paesi – anche del Sud – in via di industrializzazione ecc.)…
Altre motivazioni all’emigrazione sono: la miseria, la fame, le guerre (anche quelle “civili”!?!), le persecuzioni e le pulizie etniche, la mancanza di libertà e di democrazia, i cambiamenti climatici (carestie, siccità, desertificazione ecc.), le palesi ingiustizie sociali, l’assenza di prospettive, il desiderio di migliorare la propria esistenza, ecc. ecc.
Un altro concetto che motiva ora la fuga dei giovani dai Paesi dell’Africa sub-sahariana è racchiuso nella frase (ripetuta dagli africani come una triste litania) “Ici, l’Etat se dégage de plus en plus” (Qui, lo Stato si disimpegna sempre di più). Uno Stato che si disimpegna (a beneficio del mercato o delle élites al potere) in tutti i settori più vitali per il popolo quali: scuola, sanità, lavori pubblici, agricoltura ecc.
Ho letto che in Niger i bambini dei contadini e dei poveri frequentano le scuole pubbliche (spesso in capanne o sotto gli alberi) con insegnanti che da mesi non ricevono lo stipendio (ben magro rispetto ai militari o poliziotti); i figli della classe media frequentano nella capitale delle scuole private mentre quelli delle élites sono ospiti del liceo francese al quale è assicurata anche la protezione militare… Sì, perché in molti di questi Paesi con il pretesto della lotta al terrorismo si distribuiscono ingenti somme ai capi militari ed alle élites al potere…
L’accesso all’università (la scolarizzazione dovrebbe essere ovunque l’ascensore sociale per la gente comune) è privilegio di pochi e le borse di studio vanno sempre a beneficio delle fameliche ed insaziabili élites…
E’ illuminante il richiamo che Winnie Wyanyima, già Ministro Ugandese ed ora co-presidente dell’organizzazione umanitaria britannica OXFAM, ha rivolto ai leaders africani riuniti nel maggio 2017 a Durban (Sudafrica) per il World Business Forum: “L’Africa dovrebbe resistere alle pressioni dell’Occidente per la privatizzazione del sistema scolastico… dovrebbe investire nei servizi pubblici, in particolare in quelli riguardanti la salute e l’istruzione, rimuovere le barriere che impediscono alla gente più povera della società di accedere ai servizi”…
Ed è così che in Burkina Faso le persone dai 15 anni in su che sappiano leggere e scrivere sono solo il 29%… (36,7% i maschi e 21,6% le femmine… Il restante 70% essendo tuttora analfabeti!).
Anche la sanità pubblica è ovunque in agonia: alcuni Stati hanno addirittura cancellato le stesse campagne di vaccinazione mentre morbillo e malaria continuano a falciare vite umane appena sbocciate. Come funghi, sorgono “cliniche” private mentre i poveri tornano a ricorrere ai maghi o a sedicenti guaritori caserecci…
Per avere accesso agli ospedali bisogna esibire denaro contante, in parte per le cure e in parte per i vari soggetti cui pagare quella dogana che si chiama corruzione…
E’ famoso il caso di un signore camerunese che, diventato ricco in Francia, va in vacanza nel suo pese d’origine dove un infarto costringe i suoi famigliari a portarlo di corsa in ospedale: qui, ai suoi accompagnatori vengono richieste – in anticipo ed in contanti – varie somme: per aver accesso al medico, per la visita, per il ricovero, per il letto e le coperte, per i medicinali, ecc. ecc. I famigliari esibiscono all’ospedale varie (e primarie) carte di credito dell’infartato… Niente: ci vogliono i contanti! La caccia a questi ultimi diventa frenetica ma inutile: il poveretto nel frattempo è deceduto ed i contanti raccolti andranno per la sua sepoltura…
I lavori pubblici ovunque languono e non includono nemmeno più la manutenzione ordinaria di piste, strade, ferrovie, ospedali, scuole, porti ecc. ecc. L’esempio più drammatico è – forse – la Repubblica Democratica del Congo dove le piste dell’interno sono state rapidamente riprese dalla foresta e dove i collegamenti tra città non possono avvenire che con traballanti vecchi aerei (con i relativi proibitivi costi e rischi).
Il 5 luglio 1975 nello stadio della capitale Praia, il neo-Presidente della Repubblica di Capo Verde, nel proclamarne l’indipendenza dal Portogallo, disse: “La vera ricchezza del nostro Paese è costituita dal suo popolo, dalla sua umanità… D’ora in poi, Capo Verde non lascerà più la sua gioventù andare senza protezione alcuna sul mercato mondiale della manodopera…”
Ecco, quest’ultima frase mi viene in mente ogni volta (ed è ogni giorno!) che assistiamo in TV ai doverosi soccorsi in mare dei giovani (uomini donne bambini) provenienti dall’Africa sub-sahariana.
E diverse domande affollano la nostra mente: perché i governanti dei Paesi da cui provengono questi migranti non sono “gelosi” della loro gioventù? Chi sono e chi rappresentano questi governanti? Quali sono i loro rapporti con l’Europa e con l’Italia in particolare?
Cosa ne fanno degli aiuti finanziari elargiti ai loro Stati? Li mandano in Svizzera su conti personali e li spendono in armamenti? E il sistema monetario internazionale non vede questi soldi andare e ritornare? Già vent’anni fa il Prof. Romano Prodi affermava che “il 70% del debito complessivo del Terzomondo è depositato su conti personali nelle banche del Nord”. E poi: perché questi governanti stanno svendendo alle società trans-nazionali enormi superfici di terreni fertili del Paese anziché promuovere l’agricoltura locale? L’emigrazione dei giovani è anche qui una “valvola di sicurezza” per il potere?
E poi – senza peraltro mai generalizzare – quante domande vorremmo porre a questi migranti sub-sahariani: chi, che cosa e perché hai lasciato in patria? Quali scuole hai frequentato e quali mestieri hai praticato? Attraversando il Magreb, sei stato anche tu vittima dell’atavico razzismo violento delle popolazioni arabe nei confronti dei “negri”, da sempre identificati come “schiavi” (e non importa se forse la religione è la stessa dei torturatori e dei torturati)? Cosa pensavi dell’Europa prima di partire e cosa ne pensi adesso? Hai misurato il tasso di xenofobia (cioè: paura dello straniero, semplicemente per ignoranza) e di razzismo nella cultura e tra la popolazione europea? Hai sperimentato (in Europa!) i “campi di concentramento” per i raccoglitori stagionali di frutta o per quanti saranno espulsi dal Vecchio continente?
A questo punto (e senza pretendere di dare consigli ad alcuno) auspico che qualcuno dei migranti sub-sahariani giunti in Italia (anziché rimanervi come “clandestino”) accetti di ritornare nel Paese d’origine (magari usufruendo dei “sostegni in denaro” che l’Europa mercantilistica, cinica, egoista, ricca lei stessa di poveri… gli offre).
Forse durante il suo soggiorno in Italia egli ha incontrato qualche persona o istituzione che si è dimostrata sensibile e generosa nei suoi confronti… Ritenga preziosi questi contatti!
Il rientro consapevole in patria non sarà vissuto come un insuccesso personale bensì come un impegno adulto nei confronti della propria comunità d’origine: egli scoraggerà altri giovani ad avventurarsi verso l’Europa; mantenendo contatti con gli amici italiani, potrà da questi essere sostenuto in micro-realizzazioni di sviluppo comunitario (agricoltura per l’autoconsumo, promozione dell’artigianato, cooperativismo e imprenditoria femminili, ecc. ecc.); stimolerà l’affermarsi della democrazia diretta, ecc. ecc. La “solidarietà da popolo a popolo” è infinitamente più efficace di certe interessate “cooperazioni internazionali” pubbliche…
Quanto a noi, dobbiamo ogni giorno: denunciare la produzione ed il commercio della armi; fare ogni pressione politica perché cessino le guerre in atto; salvare in mare ed offrire prima accoglienza ai migranti; sostenere i “corridoi umanitari”; promuovere nei Paesi di partenza (o presso le nostre rappresentanze diplomatiche/consolari) dei centri di triage; lottare contro il razzismo e la xenofobia; nei nostri interventi di solidarietà internazionale: valorizzare in primo luogo le risorse umane locali (anziché inviare dei “nostri tecnici” ecc. ecc.).
Termino queste riflessioni con una frase di L. Sadat Senghor, Presidente del Senegal: “Il futuro dell’umanità riposa sul meticciamento culturale e fisico”. L’auspicio è che questi popoli in movimento si incontrino e non si scontrino…
Piergiorgio GILLI (Presidente di “Movimento Sviluppo e Pace”)