Dal primo gennaio 2017 la Mole è senza direttore: fallito il bando lanciato nel giugno scorso, l’ornai ex-direttote Alberto Barbera non è più disponibile per nuove proroghe e incarichi. Nel 2016 sono stati quasi 700 mila i visitatori al Museo del Cinema.
A meno che il vertice con il presidente, l’imprenditore Paolo Damilano, e gli altri 4 componenti del Comitato di gestione, e dietro la politica, non si dia una sferzata assumendosi, finalmente, le proprie responsabilità e nomini subito un direttore, senza bando e senza tante cerimonie, visto il fallimento di quello che avrebbe dovuto portare una nuova figura guida.
Dal primo gennaio, infatti, la Mole è senza direttore. Il Museo, a parte aprire le porte tutti i giorni ai visitatori – nonostante tutto, un successo con 690 mila presenze nel 2016, più 8 per cento sull’anno precedente -, non è in grado di decidere e di progettare alcunché. Grandi mostre, retrospettive, inviti a personalità del cinema, iniziative speciali, acquisizioni, nuovi allestimenti, la cura amministrativa e organizzativa dei festival, che ricadono sotto la sua “giurisdizione”: tutto fermo, come paralizzato; non c’è il direttore, nessuno ha il compito di proporre, organizzare, promuovere, decidere.
Una situazione drammatica, nel suo genere, certamente per il Museo e in generale per la cultura, ma anche per quel che significa la Mole per l’immagine dell città.
La rinuncia del direttore uscente Alberto Barbera a restare in proroga per tutto il 2017, dopo essere stato prorogato per 3 volte per tutto l’anno appena trascorso, certamente pesa. Ma è ancora più grave i fatto che il vertice del Museo, e la politica che nel bene e nel male lo guida, in un intero anno non abbia saputo sostituirlo. Le competenze di Barbera e le sue capacità organizzative certo sono fuori discussione. Così come l’ottimo lavoro svolto in quasi 15 anni da direttore. Eppure il Museo può attrezzarsi per fare a meno di lui. E forse dovrà farne a meno. Forse, perché tra le opzioni aperte c’è anche quella di richiamarlo come consulente artistico-scientifico accanto a un altro direttore, che però sarebbe soltanto responsabile amministrativo.
Come, del resto, la figura che è stata cercata attraverso il bando, ormai famigerato sia perché è fallito, sia perché molto pasticciato, lanciato a fine giugno scorso: i suoi compiti sarebbero stati solo di carattere gestionale. Una limitazione, va ricordato, che aveva tenuto lontani dal concorrere diversi specialisti di riconosciuto valore. La parte scientifica sarebbe stata affidata a un consulente, e molti nei mesi scorsi avevano pensato proprio a Barbera. Il quale peraltro è anche direttore del festival di Venezia, e c’è chi in questo doppio incarico vede una forma di interessi in contrasto, considerate le non poche analogie nelle missioni del Museo e della manifestazione veneziana.
Ad ogni buon conto, sono passati 6 mesi infruttuosi, e intanto a Torino è cambiato il colore dell’amministrazione… Dal bando, con 80 concorrenti, un paio di nomi per la nomina a direttore erano venuti fuori. Ma è entrata in campo la politica con veti incrociati: uno era gradito alla Regione, ma non al Comune; un altro al Comune ma non alla Regione. E il blocco aveva suggerito ai due enti la richiesta a Barbera di rimanere un altro anno. E intanto si sarebbe cercato un altro direttore. La sua iniziale disponibilità è però caduta, forse a fronte di un gradimento che, per quanto esplicito, tuttavia non sarebbe stato pieno, unanime e senza condizioni..Del resto, non è un mistero, e neanche di data recente, la posizione fortemente critica nei suoi confronti dei nuovi inquilini di Palazzo di Città. E c’è anche da ricordare la regola non scritta, finora rispettata, secondo la quale il presidente del Museo viene nominato su indirizzo della Regione, mentre il direttore è a cura del Comune.
Insomma, non è fuori luogo definire la vicenda del Museo del cinema come un gran pasticcio. Ora si pensa a un nuovo bando, ma il “rito” richiede mesi, mentre la scadenza del Comitato di gestione, compreso il presidente, si avvicina: a maggio. E la Mole, con la città, attende.
(Nino Battaglia)