Potrebbe anche funzionare come incoraggiamento, una specie di incentivo a tornare al cinema, ora che le sale hanno riaperto a capienza piena, salvo “imprevisti”, e chi ci crede faccia qualche scongiuro; un ritorno in effetti finora un po’ pigro, vuoi perché i timori del contagio sono ancora ben presenti, e vuoi perché molti hanno scoperto che in fondo è più facile vedere un film a casa anziché scomodarsi ad andare al cinema.
Eppure tutti sappiamo che non è la stessa cosa. Ebbene, Il Torino film festival, ora alle 39esima edizione (dal 26 novembre al 4 dicembre nei cinema Massimo, Lux e Greenwich) può essere utile anche per questo, per riscoprire quel piacere di ritrovarsi tra intenditori, appassionati e semplici curiosi del cinema di alta qualità e più in generale della cultura, che nessun’altra esperienza può sostituire.
Dopo l’astensione forzata dalle sale dell’edizione dell’anno scorso, ora dunque il Tff torna dal vivo. E il direttore Stefano Francia di Celle, al secondo anno di mandato, ce l’ha messa tutta per rendere la rassegna accattivante per tutti i gusti degli spettatori, perfino per chi andrebbe nelle sale, o più facilmente nei pressi del festival, semplicemente per racimolare un autografo o un autoscatto – ma ora si dice selfie – con qualche divo, o semidivo che sia.
E già, perché al Tff, in una linea editoriale che non è nuova e che si è imposta nel corso degli anni, ora arrivano anche le star del cinema, se è lecito paragonare le cose piccole alle grandi, anche senza quelle patetiche sfilate sul tappeto rosso – ma ora si dice red carpet – di altri festival più ricchi e più blasonati, ma non necessariamente più interessanti. Il direttore Francia, cinefilo irriducibile ma non duro e puro come del resto lo sono stati chi più chi meno i suoi predecessori, ha messo insieme un vasto programma che comprende 180 film, e da una rapida occhiata agli autori e ai contenuti, tutti, ma davvero tutti, hanno qualche motivo per essere visti. E dopo la visione, perfino per essere bocciati; del resto per uno “spettatore forte” tutti i motivi sono buoni per andare al cinema. Dodici i titoli in concorso come sempre riservata ai debuttanti o quasi, e quest’anno sono tutti opere prime, tranne uno; arrivano da mezzo mondo: con l’Europa, Cina, Argentina, Corea del sud, Stati Uniti, Canada, Turchia; ma c’è anche da notare – e chissà quale segnale sarà questo – che molti dei film in competizione, in una specie di globalizzazione che interessa anche il cinema, hanno tre-quattro paesi di origine, tra autori, produzione, attori e altri partecipanti a vario titolo alla realizzazione. In concorso anche un italiano, Il muto di Gallura, del torinese Matteo Fresi, che racconta l’interminabile faida, a metà ‘800, con decine di morti ammazzati nei territori della Gallura, in Sardegna. Tra i titoli più attesi del concorso c’è Grosse Freihet, che il suo paese, l’Austria, ha candidato agli Oscar come miglior film straniero.
Ma ecco i nomi di grande richiamo attesi a Torino, a cominciare da Monica Bellucci, che riceve un omaggio dal Tff con la consegna della Stella della Mole, dall’anno scorso il nuovo simbolo del festival, dedicata a cineasti che hanno dato al cinema innovazione artistica. E l’attrice presenta in prima mondiale il film The girl in the fountain, di Antongiulio Panizzi, in cui interpreta Anita Ekberg, la mitica donna nella Fontana di Trevi immortalata da Fellini ne La dolce vita. Ed ecco, allora, un esempio in cui la scelta se vogliamo divistica si lega al motivo cinefilo; non sempre e non in tutti i festival è rintracciabile questo tentativo di tenere insieme le due cose.
Come del resto avviene con Charlotte Gainsbourg che porta un documentario come dialogo intimo tra madre e figlia dedicato appunto a sua madre Jane Birkin con il titolo Jane par Charlotte; l’attrice è anche interprete del film Suzanna Andler, da un’opera di Marguerite Duras, del regista francese Benoit Jacquot, molto apprezzato anche dai cinefili.
C’è poi Ambra Angiolini, fresca di pettegolezzi per via delle sue vicende sentimentali con l’allenatore della Juventus Allegri, con il film La notte più lunga dell’anno, di Simone Aleandri: nella notte del Solstizio d’Inverno, si incrociano le vite di 4 personaggi in una zona sperduta della provincia di Potenza sullo sfondo di una pompa di benzina; con la Angiolini anche Massimo Popolizio e Alessandro Haber.
Quindi Alessandro Gassman, che è nella giuria della vetrina principale, il concorso, atteso a Torino per tutta la durata del festival con la regista ungherese Ildikò Enyedi, cineasta cara ai cinefili, pluripremiata a Cannes e a Berlino, candidata agli Oscar per il suo paese col film Corpo e anima.
Ancora ospiti di richiamo con Margherita Buy e Giuseppe Piccioni: l’attrice consegna al regista il Premio alla carriera dedicato alla fondatrice del Museo del cinema Maria Adriana Prolo.
Sergio Castellitto è interprete di due film che Edoardo De Angelis, autore del recente successo di Natale in casa Cupiello, trae ancora da Eduardo De Filippo, Non ti pago, e Sabato, domenica e lunedì.
Anna Foglietta veste i panni della virologa Ilaria Capua nel film Trafficante di virus, firmato dalla documentarista Costanza Quatriglio, che ricostruisce la biografia della scienziata con le accuse, rivelatesi infondate, legate alla circolazione di virus nel mondo.
Per i cinefili arriva a Torino il regista russo Alekxandr Sokurov con il suo capolavoro Moloch ora restaurato, primo film su Hitler della fondamentale sua trilogia del potere che successivamente ha visto Toro su Lenin e Il Sole sull’imperatore Hirohito.
La giovane attrice e cantante Matilda de Angelis, piace ricordarla nel ruolo femminile nel film Veloce come il vento, di Matteo Rovere, con Stefano Accorsi, anche popolare protagonista di serie televisive, tiene una lezione di cinema.
Chiara Francini interpreta il film Altri padri, del critico cinematografico Maria Sesti.
Elisabetta Sgarbi presenta il suo lavoro Romagna vista dalla Luna con il complesso di musica di genere liscio Extraliscio.
Lo scrittore, sceneggiatore, autore televisivo Ivan Cotroneo viene a presentare il suo film 14 giorni, tratto da un suo romanzo, che racconta di una coppia che sta per separarsi costretta a convivere per due settimane durante il confinamento causa epidemia, altrimenti detto lockdown.
E c’è spazio anche per un grande assente, ma nel caso di Clint Eastwood, quantomeno per l’età di 91 anni, non poteva essere diversamente: il Tff presenta il suo ultimo film western Cry Macho, di cui è anche interprete, che racconta il rapporto tra un ragazzo e un anziano cowboy.
Ai gusti giovanili e di stampo alternativo si rivolge Bangla: La serie, regista e interprete ancora Phaim Bhuiyan, seguito delle stralunate avventure del musicista bengalese di Torpignattara, a Roma, diviso tra la musica e la fidanzata ribelle Asia.
Tra le varie sezioni, torna Le stanze di Rol dedicata al cinema dell’orrore per spettatori notturni; il concorso internazionale cortometraggi, la palestra dei registi di domani; Incubator, il cui titolo completo la dice lunga sulla tesi programmatica della sezione: Culla e diluvio di nuove, inedite forme di cinema, tutta dedicata ai film sperimentali e di videoarte.
I film di apertura e chiusura sono dedicati alla musica: all’inaugurazione Sing 2 – Sempre più forte, di Garth Jennings. seguito dell’omonimo film, del quale ora è pronosticato un bis del successo; nel doppiaggio canoro c’è la voce di Zucchero, che sostituisce l’originale di Bono degli U2; e chiude la rassegna Aline, voice of love, della francese Valérie Lemercier, interpretato dalla regista nei panni della cantante Céline Dion.
Cinefilo e popolare, impegnato e spensierato, rigoroso, aperto, leggero: il Torino film festival con un programma che offre mille spunti di interesse, nelle possibili contraddizioni che tuttavia lo arricchiscono, continua la ricerca di un pubblico più largo, i giovani accanto agli spettatori più maturi, le famiglie accanto ai topi di cineteca, e certamente meriterebbe di più delle risorse che ha a disposizione, un milione e 800 mila euro, ben lontano dai tre milioni che raggiunse parecchi anni fa. Per il bel cinema e per la città che lo ha inventato.
Nino battaglia
Per saperne di più: https://www.torinofilmfest.org/it/